lunedì 26 ottobre 2009

La festa dei Morti























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Novembre è alle porte ed a Palermo è quasi tutto pronto per il loro arrivo. E’ un arrivo singolare, direi, unico forse, ma molto atteso tanto dai bimbi palermitani di ieri quanto da quelli di oggi. Si tratta dell’arrivo dei “morti”, ma nessuna preoccupazione! Palermo nei prossimi giorni non sarà meta di pellegrinaggio dei parenti d’oltretomba, si prepara semplicemente a vivere la tradizionale “Festa dei Morti”. Il 2 novembre, giorno della commemorazione dei defunti, da noi, come in tante altri parti della Sicilia, non è sinonimo di lutto e dolore, ma di festa. I bambini palermitani attendono questo giorno con intensa trepidazione perché “per i morti” – è così che si dice da noi – arrivano i balocchi e i dolciumi: bambole, macchinine, giochi tecnologici, pistole, ma anche cioccolatini, pasticcini, biscotti e frutta secca lasciati per i piccoli della casa, come vuole la tradizione, durante la notte dai parenti defunti ritornati quel giorno sulla terra per rivedere i loro cari. Fino a qualche decennio fa il 2 novembre era addirittura atteso dai piccoli palermitani più del giorno di Natale, anche perché i doni natalizi arrivavano per la Befana e il canuto e panciuto Babbo Natale era solo il simpatico vecchietto della foto ricordo scattata sotto i portici di piazzale Ungheria!!

Mancano ancora pochi giorni, ma già agli angoli delle strade si cominciano a vedere le prime tradizionali bancarelle di giocattoli; i banconi e le vetrine delle pasticcerie sono un tripudio di colori, profumi e sapori soprattutto per la presenza della celeberrima “frutta di Martorana[i]”, coloratissimi pasticcini di pasta di mandorla e zucchero a forma di frutta, di frutta secca, di frutti di mare e legumi che per la loro perfetta fattura e per il loro intenso profumo diventano anche il souvenir preferito dei turisti e visitatori che si trovano in giro in questi giorni nella nostra città.

Le origini di questa festa risalgono alla seconda metà del primo millennio. Come è noto, in quei secoli la Chiesa, non riuscendo a sradicare gli antichi culti pagani, per lo più di tradizione celtica, cominciò a far sue gran parte di quei riti. Nel 601 Papa Gregorio I in un editto dichiarava espressamente di non spodestare i costumi e le credenze pagane, ma di servirsene gemellandole ai riti cristiani. E fu proprio per dare un nuovo significato ai riti pagani che si celebravano in quei giorni ( nel calendario celtico il 31 ottobre era l’ultimo giorno dell’anno) che nel 835 papa Gregorio II anticipò al primo novembre la festa di Ognissanti del 13 maggio e successivamente nel 998 Odilone, l’abate di Cluny, fissò al 2 novembre la commemorazione dei defunti. Come si era sperato che accadesse, la gente cominciò ad adattare le vecchie credenze, ed i riti ad esse legati, alle nuove feste e al loro mutato significato, e ancora oggi continuano a sopravvivere i riti di quando si credeva che in quei giorni, i cari estinti tornassero sulla terra per rivedere i parenti ancora in vita. Oggi come allora si continuano a preparare per cena i piatti legati a questa tradizione. Tra questi si ricordano le cosiddette “ fave a cunigghiu” cucinate con il rito romano della Lemuria – nel cui seme, secondo la leggenda, si trovano le lacrime dei morti. Fino a qualche decennio fa, ma non è escluso che qualche famiglia continui a farlo perché così vuole la tradizione, si soleva lasciare la cena in tavola per tutta la notte perché i defunti potessero mangiare. L’usanza ricordava il “cunsulu” siciliano (noto ai nostri giorni con il termine cunsulatu): banchetto preparato dai vicini di casa per i parenti impegnanti nella veglia notturna del defunto. I morti erano soliti ringraziare lasciando balocchi e dolci ai bimbi presenti in casa. I doni venivano lasciati dentro le scarpe o nei “cannistri”, cesti preparati la sera prima e riposti ai piedi del letto o davanti le finestre dopo la recita di una litania:

Armi santi, armi santi iu sugnu uno e vuatri siti tanti:
mentri sugnu ‘ntra stu munnu di guai, cosi di morti mittiminni assai.

Oggi come allora, i genitori continuano a raccontare ai figli che se durante l'anno sono stati buoni e hanno recitato le preghierine per le anime dei cari defunti, i "morti" porteranno loro dei giocattoli, in caso contrario riceveranno una grattatina ai piedi per punizione. I giocattoli venivano acquistati dai genitori solitamente, quando ancora non esistevano i grandi centri commerciali di oggi, nella grande “Fiera dei morti”, un vero e proprio paese dei balocchi e dei dolciumi, che si organizzava pochi giorni prima nel rione dell’Olivella e che oggi è stata spostato in via Nina Siciliana, nel rione Zisa. Il mattino dopo era, e continua ad essere, una vera e propria caccia al tesoro: al risveglio i bambini cercano i giocattoli e solitamente accanto ai balocchi trovano ancora il “Cannistru” colmo di frutta secca e datteri, biscotti tipici detti “ossa ri mortu”, cioccolatini, frutta di martorana e, solitamente posta al centro del “cannistru”, l’immancabile “Pupaccena”: una statuetta di Paladino o di altri personaggi del mondo infantile fatta di zucchero e dipinta con colori molto accesi e impreziosita da scintillanti filamenti di carta stagnola o colorata. Al mattino per i più grandi la tradizione impone di far colazione con la morbidissima "muffulietta", un tipo particolare di pane di forma ovale "conzato", condito, con olio, sale, pepe, acciuga, origano e con la variante del pomodoro fresco per chi lo gradisce.
Giovanni Verga cita la “Festa dei morti” in Vagabondaggio del 1887: “ le mamme vanno in punta di piedi a mettere dolci e giocattoli nelle piccole scarpe dei loro bimbi, e questi sognano lunghe fila di fantasmi bianchi carichi di regali lucenti, e le ragazze provano sorridendo dinanzi allo specchio gli orecchini o lo spillone che il fidanzato ha mandato in dono per i morti” E già perché a contendersi i portafogli dei palermitani in questi giorni non sono solo i giocattolai ma anche i gioiellieri perché, anche se in tono minore rispetto al passato, è d’obbligo “per i morti” portare alla fidanzata un piccolo “cannistru” con sorpresa d’oro dentro!!
La festa dei morti è un evento che per fortuna almeno a Palermo “resiste” molto bene e frasi incomprensibili per chi non è “dei nostri” del tipo “quando sono i morti? oppure Cosa ti hanno messo i morti?” e perché no? “Talè chi mi misiru i morti! riescono ancora a sopravvivere nonostante la fortuna dell’americana “ DOLCETTO O SCHERZETTO?”
* Tale dolce deve il proprio nome al luogo in cui venne preparata per la prima volta: il convento della Chiesa della Martorana di Palermo




FONTI:
UTILITY MAGAZINE anno 2 -numero 3- settembre 2009