lunedì 21 dicembre 2009
sabato 5 dicembre 2009
giovedì 19 novembre 2009
POESIA
LA PUPA
di Lina La Mattina
“Mà pi morti accattamilla ‘na pupa:
la vogghiu cu la vesta e lu cappeddu di sita
chi grapi e ‘nchiudi l’occhi
parra, chianci e camina cu la corda!”
Io ascutava stunata cchiù d’un purpu
‘stu discursu e mi faceva rabbia e tinnirizza…
“ma no ‘a matri - ci dissi –
accussì nun ti la pozzu accattari…!”
“Io lu sapìa mà – arrispunniu ‘nfuriata –
tu nun sì comu la matri di la me’ cumpagna
ca cci accatta tuttu chiddu ca voli a so’ figghia
io ‘nveci, l’haju sempri addisiari li cosi!”
Palori chi scattianu comu trona nni la menti
palori di ‘na figghia di deci anni
ca nun sapi comu si po’ sfunnari
spirtusari, spaccari, lu cori di ‘na matri…
Siddu io putissi figghia mia
t’accattassi puru lu celu chinu di stiddi
nuddu cchiù di mia sapi chi voli diri…
” addisiari ‘na pupidda…”
Lu pinzeri è un gran viaggiaturi
e lestu è già ddà a ddu jornu di trent’anni fa:
“Mà accattami ‘u pani staju murennu di fami”
“Nun pozzu a matri lu sai picciuli nun n'haju!”
E comu puteva io addumannari la pupa
siddu nun aveva mancu lu pani?
Agghiuttennu pitittu pigghiai ‘na pezza
l’attummuliai e fici ‘na testa
ci attaccavu gammi e vrazza
ci arraccamavu l’occhi e la vucca…
“Ma chi sta’ facennu? - jttò vuci me’ matri –
affacciannusi nna lu biancu scaccheri
d’unni io assittata ‘mmenzu li scaluna di marmu
a deci anni m’invintava un misteri…
“Jecca ddocu ca pari ‘na magarìa!”
ma io cuntenta arrispunnivu:
“è ‘na pupa, ora ci fazzu la vesta!”
Cusà quali pena dintra lu so’ cori…
“Mà , accattamilla ‘sta pupa nova…”
mi scoti di li rigordi la vuci vuncia di chiantu
“si si ciatuzzu miu, ma tu nun chianciri
e fa la brava ca pi morti t’arrialu tuttu chiddu ca voi!”
26 ottobre 1980
1° PREMIO ASSOLUTO "MARINEO" SEZ. INEDITI 1981
Tratta dal volume "CHIDDU CA NUN SI VIDI" di LINA LA MATTINA
1° PREMIO ASSOLUTO " MARINEO" SEZ. EDITI 1996
lunedì 26 ottobre 2009
La festa dei Morti
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* Tale dolce deve il proprio nome al luogo in cui venne preparata per la prima volta: il convento della Chiesa della Martorana di Palermo
UTILITY MAGAZINE anno 2 -numero 3- settembre 2009
mercoledì 14 ottobre 2009
mercoledì 30 settembre 2009
CGIL Nazionale: La CGIL aderisce alla manifestazione 'Uguali', Liberi e eguali in dignità e diritti, a Roma il 10 ottobre
30 settembre 2009 alle 17:46
La CGIL aderisce alla manifestazione 'Uguali', Liberi e eguali in dignità e diritti, a Roma il 10 ottobre
Manifesteremo ancora una volta per la piena attuazione del principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione, per impegnare le istituzioni a mettere in campo azioni positive in opposizione al pregiudizio, interventi legislativi, informativi, formativi e culturali.
Contro la discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere riteniamo che la pari dignità non possa esaurirsi in sterili enunciazioni e saltuarie, piccole concessioni, né che possa limitarsi alla militarizzazione, nel presidiare sedi e locali con telecamere e camionette, ma che debba impegnare finalmente il nostro Stato nel riconoscimento giuridico di tutte le famiglie e nella piena integrazione delle persone transgender.
Non c’è rispetto possibile senza l’accesso ai diritti individuali, associativi e di coppia per tutte le persone e una legge contro l’omo-transfobia, sostenuta da una forte campagna di comunicazione contro l’intolleranza, sia soltanto il primo, anche se importante, passo.
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venerdì 18 settembre 2009
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Contro la violenza omofobica | ||
Capita di scrivere di crimini, di odio, proprio in un momento in cui l’emotività generale è tragicamente polarizzata sull’ennesima strage a Kabul, che questa volta rapisce anche militari italiani: ancora sopruso e morte e non è di conseguenza fuori argomento parlare di omofobia e transfobia. Si è usato spesso in questi giorni un termine come recrudescenza, ma fino a che punto è tale? La violenza omofoba e transfobica, conseguenza di ignoranza, oscurantismo e fondamentalismi di varia natura e gradazione, non è di adesso e non si è mai fermata. “Non ho niente contro l'omosessualità”, si sente dire, ma nella vita reale il disprezzo e l’irrisione per un diverso orientamento sessuale o per l’espressione di una complessa identità di genere non ha mai trovato tregua e non ne conoscerà, soprattutto perché sempre meno le persone sono disposte a subire, a tacere e a nascondersi e non solo nel giorno dei Pride. Gli assalti organizzati ai luoghi gay, lesbici e trans, la coltellata all’angolo di strada, gli insulti grossolani e sanguinosi, convergono sempre più con la decisione di alcuni di "gridarsi al mondo” per far valere le proprie indisponibili ragioni. A complicare l'intreccio è la diffusa regressione culturale, il torpore sociale e civile, la mediocrità della politica, la posizione ufficiale e tradizionale della Chiesa: un tempo, l’omosessualità era dannata come peccato contro la specie, contro l'imperativo della riproduzione e così tutto è rimasto. Quando, nel gennaio del ’98, dopo una terribile agonia, morì a Roma, suicida in piazza S. Pietro per dissenso e ribellione, il poeta gay siciliano Alfredo Ormando, non una parola di umana pietà uscì dai sacri palazzi e, di fatto, anche il suicidio può essere accolto nel lungo elenco delle vittime dell’omofobia e della transfobia. Nei giorni scorsi, dopo i noti fatti di sanguinosa intolleranza, a Roma il Sindaco della destra catto-integralista Alemanno si è recato in pellegrinaggio al Gay Village, con molte telecamere e una solidarietà d’ufficio, pelosa assai: no al registro delle unioni civili, no al riconoscimento di qualsivoglia diritto a gay, lesbiche e trans, chiaro che ogni forma di violenza sarà tuttavia condannata, sai che sforzo! Si sostiene oggi l’importanza di reagire alla degenerazione violenta descritta dalla cronaca con una legge contro l’omofobia e se ne parla in termini di rimedio decisivo e salvifico: già in altre occasioni era parso necessario che l’omofobia rientrasse formalmente e visibilmente fra i crimini sanzionati dalla legge italiana, occasioni in cui tuttavia era parso a un certo punto “opportuno” pavidamente soprassedere per non “urtare delle sensibilità” e mi riferisco all’ultimo governo di centro-sinistra. La legge contro l’omofobia sarebbe assolutamente benvenuta e utile, ma certamente non rimedierebbe di per sé a tanti antichi, gravissimi problemi di convivenza, dato che è fin troppo chiaro che l'omofobia e la transfobia saranno sconfitte quando vi sarà per tutti, cittadini e cittadine, una piena parità di accesso ai diritti e quando saranno del tutto rispettate le libertà personali. Infine, dopo tante omertà e tanti tradimenti della politica e delle istituzioni, vogliamo concentrarci sulla speranza che apre la bella dichiarazione del Presidente Napolitano, secondo il quale “La lotta contro ogni sopruso ai danni delle donne, contro la xenofobia, contro l’omofobia fa tutt’uno con la causa del rifiuto dell’intolleranza e della violenza, in larga misura oggi alimentata dall’ignoranza, dalla perdita dei valori ideali e morali, da un allontanamento spesso inconsapevole dei principi su cui la nostra Costituzione ha fondato la convivenza della nazione democratica”. | ||
martedì 15 settembre 2009
lunedì 14 settembre 2009
Per ridere un po'
Cliente 1: Buongiorno quel filone, per favore
Cliente 1: Berlusconi?
Cliente 2: Sì, sì lo chiamiamo così, "U berlusconi"
Cliente 1: e perchè? Berlusconi un "pezzo di pane" non direi proprio!
Panettiere: Signora, "picchi nun sapemu prima comu pigghiallu a muzzicuna!!!!"
giovedì 27 agosto 2009
Sai perchè?
Sulle origini del termine mafia
Sulle origini della parola mafia non si hanno conclusioni certe; la derivazione più attendibile sarebbe dall’arabo marfud dal quale deriverebbe a sua volta il termine siciliano marpiuni, ma come è facile intuire l’etimologia del termine non ha alcun legame con il suo significato storicamente determinato. Il prof. F.sco Renda nel suo libro “Storia della mafia” parla addirittura di “camaleontismo semantico del termine” e precisa che unitamente alla storia della mafia esiste la storia del termine mafia. Si tratta, quindi, di un termine polisemico che acquista e ha acquistato significati diversi a seconda dei contesti, delle circostanze e delle intensioni.
L’espressione nella sua variante maffia ( la doppia “f” rimase in uso fino agli inizi del secondo dopoguerra) è sempre esistita nel vocabolario della lingua italiana e non designava delinquenza bensì povertà, e non indicava delinquenza neanche quando il termine venne recepito nel lessico siciliano. La parola mafia la si incontra per la prima volta nel 1658: il termine lo troviamo usato come soprannome di una donna di Licata condannata dal tribunale della Santa Inquisizione nell’autodafè celebrato a Palermo proprio in quella data. Bisogna attendere più di due secoli per incontrare nuovamente tale termine e l’occasione ci viene offerta nel 1863 da Giuseppe Rizzotto con il suo dramma folcloristico I mafiusi della Vicaria in cui il termine mafioso viene adottato per designare le caratteristiche proprie di chi operava e si mostrava con mafia. Bisogna attendere ancora due anni per incontrare la parola mafia nella sua accezione odierna. Ogni analisi sulle origine della mafia considera fondamentale a tale scopo il rapporto Gualtiero del 25 aprile 1865 inviato dal prefetto di Palermo al ministro degli Interni del governo italiano. Si è soliti fare riferimento a tale rapporto ufficiale non perchè questo segni la data di inizio del fenomeno mafioso, ma perchè dal 25 aprile 1865 tale nome assume la nuova forma di delinquenza formatasi dopo la rivoluzione del ’60, mantenendolo tale sino ai nostri giorni. Per il prof. Renda il 25 aprile 1865 è da assumere quindi come una data segnatempo Caratteri peculiari di tale nuova “associazione malandrinesca” erano fondamentalmente lo stretto legame con la politica e, soprattutto, la sua autonomia organizzativa. Era infatti quest’ultimo carattere a rendere differente la mafia del prefetto Gualtiero dalle vecchie associazioni malandrinesche: come le altre intrecciava stretti rapporti con i partiti politici, ma a differenza delle altre agiva in perfetta autonomia.
Fonti: Renda Fsco (1997) Storia della Mafia. Sigma edizioni – Marino G.C. (2006) Storia della Mafia. Newton Compton Editori – Lupo S. (2004) Storia della Mafia. Donzelli Editore.
sabato 8 agosto 2009
venerdì 7 agosto 2009
Sai perchè?
“Ti sei messa l’acqua dentro” equivale all’espressione “ Ti sei rovinato con le tue stesse mani” ma per comprendere l’origine di tale modo di dire vi prego di seguirmi in questa storia di pura fantasia, ma esemplificativa, almeno spero.
C’era una volta nel lontano 1910 in pieno centro storico della città di Palermo una signora benestante di nome Rosaria, che tutti chiamavano però Zia Sarina. Zia Sarina era una donna generosa e caritatevole: donava cibo ai bisognosi, comprava abiti e scarpe ai bimbi poveri e non c’era ragazzino del quartiere che non ricevesse un pensierino dalla ricca signora per la tradizionale “festa dei morti”. Un giorno Zia Sarina, dopo non poche peripezie, riuscì ad ottenere una concessione davvero speciale: l’allacciamento privato alla condotta dell’acqua. La donna era strafelice, non doveva più recarsi alle fontane, poteva dire addio alle lunghe ed estenuanti attese che lì era costretta a fare per riempire brocche e contenitori vari e soprattutto poteva avere l’acqua fresca in casa a tutte le ore del dì. Donna Sarina sapeva di godere di un privilegio che a Palermo pochi avevano e, con un pizzico di orgoglio, non sdegnava di mostrare, almeno all’inizio, il prodigio a parenti, amici e vicinato. La notizia si diffuse in tutto il quartiere e così ben presto ciò che in un primo tempo era una comodità divenne anche una “bella camurria” (per l’origine di questa parola vd. Post sotto). La casa della signora Sarina nel giro di pochi giorni divenne meta di pellegrinaggio dell’intero rione. Donne, anziani e bambini, mattina e sera, in fila con brocche in mano davanti all’abitazione della neoprivilegiata speranzosi di ottenere un po’ d’ acqua diretta da portare a casa. Chi passava di lì non poteva non notare la quantità di gente che affollava l’abitazione della zia Sarina e così chi ne chiedeva la motivazione si sentiva rispondere: “la zia Sarina si misi l’acqua rintra” ossia “si è messa l’acqua dentro.” Da allora l’espressione divenne un modo di dire e la citiamo ancora oggi quando ci troviamo a dover sopportare delle seccature, delle scocciature nate in seguito a delle nostre scelte che in principio ci sembravano vantaggiose.
Ecco come avrete capito questo modo di dire ha origine proprio dalla condizione di disagio che dovettero affrontare tutti coloro che agli inizi del secolo scorso fossero riusciti ad ottenere l’allacciamento alla condotta idrica. Fiumi e fiumi di amici, vicini e curiosi con brocche in mano: Che fa si disturba se prendo un po’ della sua acqua? Sa, ho il bimbo con la febbre e non mi posso allontanare da casa. E così via.