giovedì 27 agosto 2009

Sai perchè?

Sai perchè si dice mafia?


Sulle origini del termine mafia


Sulle origini della parola mafia non si hanno conclusioni certe; la derivazione più attendibile sarebbe dall’arabo marfud dal quale deriverebbe a sua volta il termine siciliano marpiuni, ma come è facile intuire l’etimologia del termine non ha alcun legame con il suo significato storicamente determinato. Il prof. F.sco Renda nel suo libro “Storia della mafia” parla addirittura di “camaleontismo semantico del termine” e precisa che unitamente alla storia della mafia esiste la storia del termine mafia. Si tratta, quindi, di un termine polisemico che acquista e ha acquistato significati diversi a seconda dei contesti, delle circostanze e delle intensioni.

L’espressione nella sua variante maffia ( la doppia “f” rimase in uso fino agli inizi del secondo dopoguerra) è sempre esistita nel vocabolario della lingua italiana e non designava delinquenza bensì povertà, e non indicava delinquenza neanche quando il termine venne recepito nel lessico siciliano. La parola mafia la si incontra per la prima volta nel 1658: il termine lo troviamo usato come soprannome di una donna di Licata condannata dal tribunale della Santa Inquisizione nell’autodafè celebrato a Palermo proprio in quella data. Bisogna attendere più di due secoli per incontrare nuovamente tale termine e l’occasione ci viene offerta nel 1863 da Giuseppe Rizzotto con il suo dramma folcloristico I mafiusi della Vicaria in cui il termine mafioso viene adottato per designare le caratteristiche proprie di chi operava e si mostrava con mafia. Bisogna attendere ancora due anni per incontrare la parola mafia nella sua accezione odierna. Ogni analisi sulle origine della mafia considera fondamentale a tale scopo il rapporto Gualtiero del 25 aprile 1865 inviato dal prefetto di Palermo al ministro degli Interni del governo italiano. Si è soliti fare riferimento a tale rapporto ufficiale non perchè questo segni la data di inizio del fenomeno mafioso, ma perchè dal 25 aprile 1865 tale nome assume la nuova forma di delinquenza formatasi dopo la rivoluzione del ’60, mantenendolo tale sino ai nostri giorni. Per il prof. Renda il 25 aprile 1865 è da assumere quindi come una data segnatempo Caratteri peculiari di tale nuova “associazione malandrinesca” erano fondamentalmente lo stretto legame con la politica e, soprattutto, la sua autonomia organizzativa. Era infatti quest’ultimo carattere a rendere differente la mafia del prefetto Gualtiero dalle vecchie associazioni malandrinesche: come le altre intrecciava stretti rapporti con i partiti politici, ma a differenza delle altre agiva in perfetta autonomia.

Fonti: Renda Fsco (1997) Storia della Mafia. Sigma edizioni – Marino G.C. (2006) Storia della Mafia. Newton Compton Editori – Lupo S. (2004) Storia della Mafia. Donzelli Editore.

sabato 8 agosto 2009

venerdì 7 agosto 2009

Sai perchè?

Sai perchè si dice " ti sei messa l'acqua dentro?"

“Ti sei messa l’acqua dentro” equivale all’espressione “ Ti sei rovinato con le tue stesse mani” ma per comprendere l’origine di tale modo di dire vi prego di seguirmi in questa storia di pura fantasia, ma esemplificativa, almeno spero.

C’era una volta nel lontano 1910 in pieno centro storico della città di Palermo una signora benestante di nome Rosaria, che tutti chiamavano però Zia Sarina. Zia Sarina era una donna generosa e caritatevole: donava cibo ai bisognosi, comprava abiti e scarpe ai bimbi poveri e non c’era ragazzino del quartiere che non ricevesse un pensierino dalla ricca signora per la tradizionale “festa dei morti”. Un giorno Zia Sarina, dopo non poche peripezie, riuscì ad ottenere una concessione davvero speciale: l’allacciamento privato alla condotta dell’acqua. La donna era strafelice, non doveva più recarsi alle fontane, poteva dire addio alle lunghe ed estenuanti attese che lì era costretta a fare per riempire brocche e contenitori vari e soprattutto poteva avere l’acqua fresca in casa a tutte le ore del dì. Donna Sarina sapeva di godere di un privilegio che a Palermo pochi avevano e, con un pizzico di orgoglio, non sdegnava di mostrare, almeno all’inizio, il prodigio a parenti, amici e vicinato. La notizia si diffuse in tutto il quartiere e così ben presto ciò che in un primo tempo era una comodità divenne anche una “bella camurria” (per l’origine di questa parola vd. Post sotto). La casa della signora Sarina nel giro di pochi giorni divenne meta di pellegrinaggio dell’intero rione. Donne, anziani e bambini, mattina e sera, in fila con brocche in mano davanti all’abitazione della neoprivilegiata speranzosi di ottenere un po’ d’ acqua diretta da portare a casa. Chi passava di lì non poteva non notare la quantità di gente che affollava l’abitazione della zia Sarina e così chi ne chiedeva la motivazione si sentiva rispondere: “la zia Sarina si misi l’acqua rintra” ossia “si è messa l’acqua dentro.” Da allora l’espressione divenne un modo di dire e la citiamo ancora oggi quando ci troviamo a dover sopportare delle seccature, delle scocciature nate in seguito a delle nostre scelte che in principio ci sembravano vantaggiose.

Ecco come avrete capito questo modo di dire ha origine proprio dalla condizione di disagio che dovettero affrontare tutti coloro che agli inizi del secolo scorso fossero riusciti ad ottenere l’allacciamento alla condotta idrica. Fiumi e fiumi di amici, vicini e curiosi con brocche in mano: Che fa si disturba se prendo un po’ della sua acqua? Sa, ho il bimbo con la febbre e non mi posso allontanare da casa. E così via.