domenica 1 maggio 2011

Noi, omosessuali del territorio













Da diversi studi condotti nell'ambito dell'omosessualità emerge che circa il 7-10% della popolazione mondiale è costituito da gay, lesbiche e transessuali. Se ipotizziamo di applicare questo dato nel nostro territorio viene fuori che circa 10.000 persone del comprensorio appartengono alla comunità lgbt. Una presenza significativa, eppure di omosessualità non si parla. Perché? “Perché si vive nascosti” – riferiscono due giovani trentenni omosessuali delle Alte Madonie che, previa garanzia dell'anonimato, hanno accettato di essere intervistati. Il primo dei due ragazzi sostiene: “Impari a nasconderti e a fingere sin da ragazzino perché i primi a non capire e a non accettare sono proprio i genitori, le persone delle quali hai più bisogno. Io ho sempre evitato di parlare con loro della mia identità sessuale e così i miei genitori continuano a chiedermi quando darò loro degli eredi. So bene che non accetterebbero mai un figlio gay. Per loro si è omosessuali per scelta, credono sia un vizio e in ogni caso qualcosa di situazionale e nulla di definitivo. Un figlio omosessuale per loro è un disonore, un tradimento. Mi avrebbero preferito malato o magari drogato o perfino malato terminale piuttosto che omosessuale. Non è mai stato facile vivere qui, e così dopo le scuole superiori ho preferito lasciare le Madonie: per motivi di studio prima, per poter vivere liberamente la mia identità sessuale, poi. Se i miei genitori mi dovessero chiedere qualcosa, io negherò sempre, come tutti i miei amici, negare sempre anche di fronte all’evidenza: loro tanto non capirebbero mai.”

Anch'io ho frequentato le scuole superiori qui sulle Madonie - dichiara il secondo ragazzo intervistato - e già a scuola avevo compreso che non potevo continuare a vivere qui: gli abitanti hanno una mentalità troppo chiusa. Per la mia presunta omosessualità, dico presunta perché io non ho mai dichiarato di esserlo, venivo preso in giro, ricevevo insulti verbali e venivo chiamato frocio. Qui se sei anche solo un po’ più sensibile del maschio, così come lo vuole la nostra cultura, vieni subito etichettato gay. Io non so perché sono gay, ho sentito dire che tra i fattori che portano alla omosessualità c’è quello di avere un padre molto forte e quasi assente, ed io non ho rapporti con mio padre, e la cosa più grave è che per lui ciò è la normalità! Sarà per questo motivo che sono omosessuale? Mia madre non condanna la persona omosessuale, ma per motivi religiosi condanna le relazioni omosessuali. A lei la influenzano molto i preti. Mi piacerebbe poter parlare con mia madre: sarebbe una bella cosa essere appoggiati dai genitori ma, io lo so, loro avrebbero preferito un figlio ladro piuttosto che omosessuale. Essere riconosciuti dalla gente del paese come i genitori di un ragazzo omosessuale per loro è umiliante. E così io taccio: non ho nessuna voglia di stravolgere la loro vita. Con dei genitori così non resta che negare. Anche se, secondo me, loro qualcosa hanno capito, perché quando in tv c’è qualche scena che coinvolge omosessuali o viene affrontato questo tema mio padre comincia sempre con la solita solfa, con le solite osservazioni sgradevoli: dice sempre " se avessi un figlio così, lo manderei a zappare la terra dalla mattina alla sera" oppure "lo butterei fuori di casa! Lui lo dice sempre, beh... io me ne sto andando. Voglio andare al nord, voglio la mia indipendenza economica e chissà se un giorno dovessero chiedermelo, forse potrei dire finalmente la verità”.

C'è, invece, chi la verità ha cominciato a dirla parecchi anni fa, quando il termine omosessuale era decisamente innominabile. Poco importava se la sua omosessualità non conciliava con il sentire religioso di sua madre o se poteva essere causa di discredito sociale per la sua famiglia. I condizionamenti sociali non potevano costringerlo a vivere nella paura e nella finzione. Lui voleva vivere nelle sue Madonie. Non vuole l'anonimato, anzi. Ma poi decide che non può. Non può e non deve. Deve proteggere la famiglia di chi la sua forza non l'ha mai avuta, di chi ha deciso di fingere e di vivere nel nascondimento. Di chi ha deciso di soffocare la propria omosessualità, di simulare una eterosessualità mai avuta, di sposarsi e avere dei figli. “Quando il mio ex ragazzo ha preso questa sofferta decisione – ricorda – continuare a vivere qui era diventato per me impossibile. Ho deciso così di lasciare la Sicilia, e di rifarmi una vita altrove. So che il mio ex non è felice. E come potrebbe? Vive nella menzogna!

Anche un gay trentenne di Termini Imerese, non vuole rinunciare all'anonimato perché: “Tra Termini Imerese e un piccolo paesino madonita - spiega il ragazzo - non c'è alcuna differenza: l'omofobia è presente in tutto il comprensorio. A Termini, più o meno, ci conosciamo tutti, se esci sempre con lo stesso uomo potrebbero capire che sei gay e siccome la nostra comunità è omofoba preferisci nasconderti. Io ho scoperto la mia omosessualità quando avevo circa 25 anni. Prima di allora credevo di essere eterosessuale, avevo anche una relazione stabile con una donna che amavo sinceramente. Mi circondavo di uomini belli, ma forse la mia omofobia interiorizzata non mi faceva vedere chiaramente dentro di me. Ero perfino omofobo: ricordo che quando un mio amico mi confidò la sua omosessualità, io come risposta non lo frequentai più. E non lo frequento neanche adesso che sono omosessuale e lui una transessuale, ma comunque solo perché è passato troppo tempo e non abbiamo più contatti. E' strano, ma gli altri hanno capito prima di me la mia vera identità sessuale. Sin dalle scuole elementari venivo considerato omosessuale, e mi chiamavano frocio, forse a causa del mio modo di parlare o per il mio manierismo. Perfino il mio migliore amico lo ha sempre saputo e quando qualche anno fa gliel'ho detto lui non si è meravigliato affatto. Oggi ho una relazione non stabile con un ragazzo più giovane di me, anche lui di Termini Imerese: dico non stabile perché il mio ragazzo non si accetta, ha paura dell'opinione della gente, quindi non vive serenamente la nostra unione. Con i miei genitori non ne ho mai parlato, ma so che non lo accetterebbero mai. Mio padre, secondo me, lo sospetta: certe cose sono troppo difficili da nascondere! Neanche ai miei fratelli ho detto nulla: lo avrei voluto dire a mia sorella, ma forse è stato meglio tacere. Ho saputo che qualcuno li ha informati sulla mia identità sessuale e i loro commenti mi hanno ferito molto. Non è facile vivere nel nascondimento, ma ho imparato a conviverci: vivo alla giornata, non voglio pensare al futuro perché in una realtà come quella termitana, fatta di pregiudizi e tabù, è impossibile farlo.”

Come faccio ad andare avanti?" - si domanda una giovane lesbica prima di raccontarci la sua esperienza. “Per fortuna non lavoro al mio paese, ma quando vi torno, faccio coppia fissa con un mio amico d’infanzia, omosessuale. La gente ci cataloga come coppia che fa sesso: ma, insomma, è una copertura. Questa faccenda della copertura è molto utilizzata nel mondo omo e lesbo. È come se ci fossero due mondi, due dimensioni parallele ma diverse: il paese e Palermo. I miei amici di Palermo sanno che sono lesbica, conoscono la mia ragazza e le hanno conosciute tutte. Insieme andavamo alle Cicale, il mitico locale di Romina (adesso chiuso), la grande donna lesbica, con una gran voce da cantante, morta tre anni fa in un incidente stradale. Adesso si va all’Exit, a Palermo, soprattutto gli omosessuali ma anche noi lesbiche e in alcuni altri posti che non mi va di dirti. In paese, il mio stile di vita cambia. Io ho sempre saputo di essere attratta da persone dello stesso sesso. Non ho un ricordo preciso di quando questa consapevolezza è iniziata: è stato sempre così. Però ricordo benissimo i primi ‘accorgimenti’ messi in atto per nascondere tutto alla mia famiglia e agli amici del paese (e forse anche a me). Credo sia stato per questo che la mia ‘prima volta’ è stata con un uomo molto maturo, sposato; e io appena quattordicenne. Il ricordo più incisivo di quell’unica esperienza con un uomo è di dolore lancinante, certamente fisico ma anche intellettuale. Tre anni fa ho parlato con mia sorella del mio essere lesbica: mi ha sorriso e mi ha abbracciato sussurrandomi: l’ho sempre saputo. Ecco, per me essere lesbica è un valore aggiunto, il mio modo di essere e di vivere. Se non lo fossi, ad esempio, quell’abbraccio da mia sorella, in quel modo, non lo avrei mai avuto. C’è anche molta confusione sulla faccenda di essere o no lesbica. Diverse volte ho avuto esperienze sessuali con donne sposate, e con figli, che però si proclamavano etero, e così anche le mie amiche lesbo. Non saprei se in questo caso dovremmo parlare di bisessualità. In loro c’è tanta curiosità e poi senti sempre la solita frase (che a volte mi suona un po’ ipocrita): «è stato bellissimo, del resto solo una donna sa veramente cosa vuole una donna». Il guaio è stato quando mi sono innamorata. Adesso ci sto molto attenta, non voglio essere il premio all'asta per concorrenti curiose. Come ci si conosce tra lesbiche? Nei locali, certo, ma soprattutto nelle chat. E poi, tra lesbiche, ci si riconosce incontrandosi! È un intuito tutto… femminile.”

Le storie fin qui raccontate sono testimonianze di sofferenze taciute che parlano di pregiudizi, di violenza, di discriminazione, ma anche di paure e di conflitti interiori strazianti. Sono storie di omosessuali di questo comprensorio, ragazzi né malati, né deviati, né criminali, ma discriminati perché amano una persona dello stesso sesso. Sono omosessuali che hanno deciso di raccontarsi perché sperano nel cambiamento e perché se è vero che questo passa principalmente attraverso i canali emotivi, le loro esperienze e le loro sofferenze saranno servite a qualcosa.

Comprensorio. Omosessualità oggi

Nel territorio non esistono associazioni

Niente risorse per famiglie, comunità lgbt, luoghi di riferimento che possono offrire sostegno a persone che vivono con disagio la propria identità sessuale. Il ruolo delle istituzioni locali. Il comune di Termini Imerese aderisce al progetto RE.A.DY

Il ruolo delle associazioni lgbt in un territorio è fondamentale, la loro presenza offre all'’individuo punti di riferimento strutturati ai quali rivolgersi per le più svariate esigenze. Eppure nel comprensorio madonita non esistono associazioni, luoghi di riferimento o iniziative che riguardino gli omosessuali. L'Agedo, associazione genitori di omosessuali, di Palermo da oltre 10 anni offre sostegno alle persone omosessuali che vivono con disagio la propria identità sessuale. Ma assiste anche quelle famiglie che soffrono perché non riescono a comprendere ed accettare l'orientamento sessuale del proprio figlio. In questi anni ad Agedo si sono rivolti soltanto pochi abitanti del comprensorio, e tutti oggi vivono altrove. “Se qualcuno fa il tifo per te ti senti più forte e le difficoltà le affronti con uno stato d'animo diverso”, afferma Claudio Cappotto, psicologo Agedo Palermo. Dal comprensorio sono anche arrivate 4 o 5 chiamate di counseling o meramente informative - continua lo psicologo - ne ricordo una in particolare di un uomo che viveva in una condizione di estremo isolamento e stigmatizzazione con grossi problemi di accettazione, ma nulla di più.” Per combattere l'omofobia – conclude Francesca Marceca, presidente dell’associazione - occorrono interventi di educazione sul territorio, noi saremmo ben felici di operare anche nell'area del comprensorio, presso scuole, associazioni, ovunque pur di formare alla diversità”. Stesse conclusioni e uguali propositi vengono manifestati per e-mail da Arcigay. Daniela Tomasino, presidente dell’associazione, scrive: “Purtroppo fino ad oggi non abbiamo avuto contatti con persone residenti nel comprensorio madonita. L'omosessualità in queste zone è ancora troppo spesso difficile da dichiarare, e la migrazione di gay, lesbiche e trans verso le aree metropolitane è un fenomeno che non smette di avere numeri importanti. Per il 2011 ci siamo ripromessi proprio di concentrarci sui centri delle province di Palermo e Trapani: data l'assenza delle istituzioni pubbliche, è importante che le persone sappiamo che, se si trovano in difficoltà (legale, psicologica, etc.) possono rivolgersi a noi.” Ma promuovere il benessere delle persone lgbt non è un impegno delle sole associazioni, anche le istituzioni locali possono fare molto per creare un clima sociale libero da pregiudizi. E oggi gli strumenti ci sono. “Ogni Amministrazione comunale - afferma Cirus Rinaldi, ricercatore di Sociologia giuridica, della devianza e mutamento sociale presso la facoltà di Scienze politiche dell'Università di Palermo - tra le politiche di inclusione sociale e antidiscriminatorie dovrebbe adottare anche quelle sul rispetto delle identità di genere e dell’orientamento sessuale. Un passo importante potrebbe essere quello di aderire a RE.A.DY ossia Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere”. In Sicilia – continua il sociologo - hanno aderito alla Rete solo la Provincia di Siracusa, il Comune di Messina e il Comune di Marineo, del quale sono stato assessore; sono ancora poche realtà ma è importante sapere che in alcuni territori verranno promossi atti e provvedimenti amministrativi a tutela delle diversità sessuali”. Ad oggi nessun Comune del comprensorio ha aderito alla rete RE.A.DY, ma diversi sindaci, contattati e informati da noi in merito, hanno mostrato vivo interesse per il progetto; interesse che il Comune di Termini Imerese ha mutato presto in impegno. "I diritti degli omosessuali sono diritti umani ai quali è chiamato a dare risposte chiunque amministri - afferma con vigore Anna Amoroso, assessore alle politiche sociali del Comune di Termini Imerese. La condizione omosessuale, da ormai troppo tempo, è diventato cavallo di una battaglia ideologica e politica, ma l'omosessualità – continua l’assessore - è qualcosa che va a toccare l' anima di una persona, e come tale, deve essere affrontata con gli strumenti dell'anima e non quelli della strumentalizzazione politica. Risulta pertanto importante promuovere culture e politiche che sappiano contribuire a migliorare la qualità della vita delle persone lgbt che spesso vivono situazioni di discriminazioni nei vari ambiti della società. Il nostro territorio in diverse occasioni si è mostrato sensibile alla problematica ed è per questo – conclude Amoroso - che come Amministrazione nei prossimi giorni ci impegneremo a sottoscrivere la "carta di intenti" del progetto RE.A.DY, che voi ci avete fatto conoscere, con un adeguato provvedimento amministrativo.

Ready come aderire: http://www.comune.torino.it/politichedigenere/lgbt/lgbt_reti/lgbt_ready/ready---come-aderire.shtml)

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